mercoledì 23 maggio 2018

Recensione Via dell'arcobaleno 67 Interno 7 di Paola Fratnik



TRAMA

Roma.
Nel palazzo borghese di un quartiere agiato, si intrecciano le storie di personaggi che hanno molto da nascondere e altrettanto da perdere.
Segreti torbidi, passioni violente, romanticismo e ironia fanno da sfondo alle vicende degli inquilini dello stabile.
Vite al limite che si incatenano in maniera trasversale e in un crescendo di colpi di scena.

Nel primo romanzo di questa serie, il racconto di un uomo affascinante che abita all’interno 7.
Cinico e duro che si gode con amarezza un lusso sfrenato, ma ai margini della legalità: la sua storia si intreccia con quella della sua vicina sconosciuta che potrebbe forse, cambiargli la vita.
Fatalmente si scoprirà con il tempo se in meglio o in peggio.
Sentimenti nascosti, parole non dette, giochi psicologici possono determinare cambiamenti nel percorso stabilito della vita.
Personaggi da conoscere per innamorarsene subito e per riconoscersi nelle storie di quelli che diventeranno per noi, i nostri nuovi vicini.
*** Ho chiesto a una donna di sposarmi e non so il suo nome ***
*** Provare e provocare dolore mi fa sentire vivo ***

RECENSIONE

Ben ritrovati cari animaletti maculati che tanto adoro, con una nuova recensione dalla vostra Crudelia preferita. Dunque, qualche giorno fa sedevo sul mio divano a sedici posti, quello che uso nel piccolo tinello per intenderci, e fumavo una sigaretta nella tranquillità della mia dimora quando il telefono ha preso a squillare. Non avendo amici ho intuito da subito che si trattasse del Contatto, quell’essere oscuro che di tanto in tanto mi passa gli incarichi per il blog.

“Ho una storia per te.” mi dice telegrafico. Arriccio il mio bellissimo naso alla francese.

“Di che si tratta?” domando, tentando di celare la mia curiosità felina.

“Apri la posta e lo scoprirai.” e così detto, chiude la telefonata. Non mi piacciono gli ordini almeno quanto detesto i finocchi lessi, perciò la mia prima reazione è stata quella di ignorare  e mandare pacatamente al diavolo il Contatto. Chi sono io? Una che recensisce a comando? No di certo, per Pongo! Ma come un gatto che finge disinteresse per un filo mosso dal vento, qualche istante dopo ero già alla postazione per afferrare con le mie unghie il file.

Apro la cartella.

Via dell’Arcobaleno 67, interno7.

Uhm… Titolo curioso…

Ecco cosa mi sono trovata a leggere:





Paola Frantik fa una scelta coraggiosa: prima persona, tempo presente, flusso di coscienza controllato. Non è da tutti, anzi, non è proprio una narrazione che molti conoscono e, soprattutto, che tutti possono permettersi di fare. Così la mia curiosità si è fatta ancora più forte e, vi anticipo, è stata ben soddisfatta.

Ci sono molte storie pubblicate, forse troppe o forse no, ma il punto è che riuscire a rendere una PoV (Point of View) in prima persona decente non è per niente facile. La banalità è dietro l’angolo e gli errori piovono come le polpette che mi piacerebbe mangiare, ma che essendo a dieta posso solo guardare nei piatti degli altri. Che dire poi della narrazione nel tempo Indicativo Presente? Parto sempre prevenuta, lo ammetto, perché mi sa tanto di tema di quarta elementare dal titolo: “Racconta le tue vacanze estive”.

Eppure, già dal primo capitolo Paola ha fatto qualcosa di straordinario: mi ha spinta al capitolo due e poi al tre, in un susseguirsi di emotività che mi ha lasciata senza fiato. La Frantik è stata capace di arrivare dove la maggior parte non riuscirà mai: al mio cuore. Sì, ho un cuore anche io, bestioline. Nascosto, protetto sotto anni di barriere impenetrabili ai più, e inaccessibile a chi non abbia quella cosa che molti autori bramano, ma che pochi possono avere: talento.



È uno spaccato di vita che ci travolge e che ci immerge nella mente e nei pensieri del protagonista, un uomo freddo, distaccato, calcolatore e sicuro di sé. Ha una vita oscura che percepiamo quasi immediatamente e che impariamo a conoscere sempre meglio a mano a mano che procediamo nei capitoli.



Lo specchio mi mette di buon umore.
Sono consapevole del mio splendido aspetto.
Mi divertono i falsi modesti.
Non ci vuole poi molto a guardarsi e darsi una valutazione oggettiva.









Eccolo: uno spaccone di prima categoria, uno di quelli che appena incontri vorresti prendere a mazzate sui denti giusto per deturpargli il viso perfetto. Trasuda sicurezza e arroganza ed è proprio questo a incuriosirci. La Frantik ci permette di entrare nei suoi pensieri che vengono raccontati usando una tecnica molto particolare e che ricorda una versione più fruibile del flusso di coscienza di James Joyce nel celebre Ulisse. L’autrice ci aiuta con la punteggiatura, ma i pensieri si susseguono velocemente e talvolta senza necessariamente un filo logico, esattamente come avviene nelle nostre menti. È una tecnica che, come ho detto all’inizio, non tutti possono permettersi. Bisogna essere molto bravi perché il rischio di creare un’accozzaglia di frasi noiose è pronto a balzare alla giugulare del narratore poco capace. Ma la giugulare della nostra Paola è salva così come la soddisfazione del lettore.

Gli eventi si susseguono rapidamente e sono tutti visti attraverso gli occhi di lui. Ben presto fa la sua apparizione il personaggio femminile, Francesca, che trovo uno dei più azzeccati di tutta la storia. Il rapporto fra i due nasce per caso, con una genuinità  e una spontaneità da lasciare senza fiato. Se lui è impenetrabile, lei sembra capirlo subito, come se con i suoi occhi riuscisse a scalfire la barriera e a vederlo davvero per quello che è.




[…]
Lei gira la testa e si rimette a riordinare. La cosa mi lascia perplesso per un istante.
No, fammi capire… ma… mi hai visto bene?



Ecco, Francesca stuzzica da subito il nostro lui non dando importanza al suo ego, non alimentando quella sicurezza su cui lui fa affidamento. Lui è bello, bellissimo, ma Francesca sembra non notarlo.

La loro storia si snoda in pochi giorni e il loro rapporto ha la potenza di una bomba atomica. Hanno bisogno l’uno dell’altra così come si necessita di ossigeno per respirare. Sono due diamanti grezzi che per brillare devono stare assieme. Sono due anime sole, sofferenti e protette da una maschera. Lui è una puttana, Francesca è solare.

Lui ha paura, Francesca anche.

Lui non ha mai amato, Francesca non è mai stata amata.

Eppure, dal loro primo incontro la maschera cade e si sgretola ai loro piedi, fino a una comprensione reciproca che rasenta la perfezione.



- Cosa stai facendo, Francesca?
- Niente, ho la fronte appoggiata a questo legno freddo… Comincio ad aspettare che ritorni.
Rido sommessamente, che non si senta presa in giro.
- Ogni tanto staccati o ti verrà una macchia che non andrà più via.- le consiglio preoccupato.
- No! Rimarrò così e se non tornerai avrò un livido sulla fronte per tutta la vita… e sarà colpa tua!-




Via dell’Arcobaleno 67 interno7 non è una storia per tutti, ma se ben compresa rimane nel cuore. L’autrice è brava, consapevole e sa raccontare. Un plauso alla correttezza generale dell’opera: nessun refuso, solo una parola mancante (una svista) e nessun errore grammaticale. Ben pochi libri self oggi possono vantare una simile perfezione, perciò brava Paola. Non so se l’autrice si sia avvalsa di un editor, credo di sì, e devo fare proprio i complimenti: non tutti avrebbero potuto lavorare con uno stile del genere e denota una grande capacità critica e artistica.



Non mi resta che leggere la continuazione, Via dell’Arcobaleno 67 interno6.


Crudelia




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